Siamo cresciuti con l’idea che il Kaizen fosse un vera e propria “filosofia” gestionale, un modo di concepire l’azienda estremamente utile ed efficace ma anche difficile da adattare alla mentalità media di noi italiani.
Il miglioramento fatto di piccoli passi, applicato a processi stabili, continuamente monitorati, coinvolgendo il più ampio numero di persone interessate ad un certo processo. Soprattutto quella necessità di basare tutto sul “metodo scientifico”, l’osservazione obiettiva dei fenomeni, la raccolta di dati, la loro elaborazione con semplici tecniche statistiche, la loro interpretazione secondo un’unica visione e la predisposizione di un piano di miglioramento: tutto veramente molto bello e soprattutto efficacissimo quando si riesce a metterlo in atto. Ma siamo sinceri: in quante aziende italiane c’è questa “pazienza”, questa lungimiranza e soprattutto quante persone hanno voglia di rimettersi ad imparare gli strumenti statistici che tanto ricordano le terribili e cervellotiche “lezioni di matematica” dei tempi delle superiori, se non addirittura delle nostre pessime “scuole medie”?
L’esperienza di CTQ nel miglioramento della competitività delle aziende, iniziata ormai 30 anni or sono, conferma che i “kaizen blitz” sono invece molto efficaci. Perché? Proprio perché si tratta di “miglioramento estremamente concentrato” nel tempo e nello spazio. Si individua un’area specifica dello stabilimento, si prende di mira un tema particolarmente pressante per l’azienda (es. gestione dei materiali, ordine e pulizia, scorrimento dei prodotti, ecc.) e si concentra tutto il miglioramento in pochi giorni (da 1 a 5 al massimo). Il coinvolgimento di tutto il personale (o di una gran parte nel caso di aziende molto grandi) aiuta a dare una dimensione “socializzante” all’evento: fattore sempre importante per i popoli mediterranei. Nella stragrande maggioranza dei casi si ottengono risultati strabilianti in termini di miglioramento della qualità, dell’efficienza e/o del servizio al cliente.
Quindi tutto bene, nessun problema? Beh, non sempre. Ad esempio la fase di pianificazione è quasi sempre una fatica immane. Eventi di questo tipo necessitano di una propensione e di un allenamento alla programmazione degli eventi (project management semplificato) che alla maggioranza degli italiani risulta ancora ostica. E’ necessario dare grande supporto alle aziende in questa fase: nulla deve essere lasciato al caso e nessun “task” deve essere sottovalutato. Il rischio è che l’evento non produca i risultati desiderati soprattutto sotto il profilo del metodo di lavoro e quindi del relativo cambiamento di mentalità. Il vero obiettivo del kaizen .