Consulenza
05 Gen 2021

Chiedere ai propri clienti una previsione sugli ordini futuri: è veramente utile?

Nelle aziende “terziste” uno dei crucci degli ultimi anni è la mancanza di un piano di produzione a medio termine. Gli ordini dei clienti arrivano in modo sempre più improvviso, per quantità sempre più variabili e con termini di consegna sempre più ravvicinati, magari dopo lunghi periodi di “silenzio” durante i quali i clienti non hanno dato alcun “segnale di vita” e magari non hanno neppure risposto alle sollecitazioni dell’ufficio commerciale del fornitore. Quando si “riaffacciano”, non è raro che alcuni lo facciano con atteggiamenti “ricattatori” del tipo: “o ti impegni a consegnarmi il materiale entro la data che ti chiedo (al prezzo che ti impongo) oppure mi rivolgo ad un altro fornitore: prendere o lasciare”. E il fornitore, preso alla gola dalla scarsità di lavoro, finisce anche per accettare.

Per contrastare questo fenomeno molte aziende si sforzano di stipulare con i loro principali clienti degli accordi (spesso dei veri e propri contratti), che prevedano un periodico aggiornamento dei “Piani di Produzione” o previsione di consegna, se la vogliamo vedere dal punto di vista del cliente. Sulla base di questa previsione sempre più aziende si illudono di poter contare su uno “zoccolo duro” di lavoro che permetta di livellare i carichi produttivi “miscelando” le consegne a breve termine con quelle a medio termine.

Siamo sicuri che questo metodo funzioni ancora?

La prima conseguenza di questa strategia è che le produzioni “ su previsione ” vengono programmate con grande anticipo, generando così uno scollamento temporale fra domanda ed offerta. Maggiore è il tempo di anticipo, maggiore è la probabilità che le quantità prodotte risultino diverse da quelle che verranno poi effettivamente ordinate dai clienti. Dobbiamo infatti partire da un presupposto indiscutibile perché tristemente vero: qualsiasi tentativo di fare una previsione, al giorno d’oggi, fallisce miseramente a causa dell’altissima instabilità dei mercati e delle relative catene di approvvigionamento (supply chain). La previsione è quindi, per definizione, SEMPRE SBAGLIATA, a volte in eccesso, a volte per difetto. Il fornitore avrà quindi generato sovrapproduzione in alcuni casi, rottura di stock in altri. Nel primo caso avrà consumato risorse produttive non necessarie, avrà consumato spazio inutile, risorse di trasporto interno senza valore, rischio di perdita di qualità e di obsolescenza ma soprattutto, la peggiore di tutti, un forte allungamento del LEAD TIME. Nel secondo caso, introdurrà ulteriore instabilità (MURA, la “madre di tutti gli sprechi”) ovvero la necessità di rimettere in produzione, con urgenza, l’articolo, duplicando i tempi di set-up e trasferendo pressione negativa (ansia) a tutta l’organizzazione.

Ne vale la pena?