Formazione
12 Dic 2013

Le patologie dello stage

 

 

 

 

 

 

 

Solo un giovane su dieci viene assunto dopo lo stage: ma è tutta colpa della crisi?

Dall’ultimo studio condotto nel 2013 da Unioncamere attraverso il sistema informativo Excelsior, “Formazione continua e tirocini formativi”, emerge che solo un giovane su dieci riesce ad ottenere un posto di lavoro dopo aver svolto uno stage all’interno di un’azienda. La causa principale viene individuata nella crisi economica che stiamo attraversando da qualche anno. Ma siamo sicuri che sia tutta colpa della crisi?

“ solo un giovane su dieci riesce ad ottenere un posto di lavoro dopo aver svolto uno stage all’interno di un’azienda”

Probabilmente ci sono motivazioni più profonde.

Da un lato, il neolaureato, appena uscito dall’università, non sempre ha un bagaglio pratico ed è disorientato di fronte al mondo del lavoro; dall’altro, ci sono aziende che ancora non hanno capito il valore dello stage o ne snaturano i contenuti.

Lo stagista fresco di laurea, pur armato di buona volontà ed impegno, può trovarsi a vivere il tirocinio con un approccio mentale e comportamentale sbagliato e con il fantasma di “finire a fare fotocopie”, come è successo ad un cugino, un conoscente o un amico di un amico. Dopo anni di organizzazione autonoma del proprio tempo e di studio svolto solo in prossimità degli esami, si può trovare in difficoltà a rispondere in maniera adeguata alle quotidiane richieste aziendali; ed il mondo del lavoro non fa sconti in proposito, se non si è pronti e preparati si rischia di essere lasciati a casa. Per il neolaureato ne derivano ansia, depressione e senso di inadeguatezza.

Le aziende, dal canto loro, si trovano talvolta ad utilizzare lo stage in maniera riduttiva o sbagliata. Ci sono aziende che attivano tirocini per 50 o 100 ore: ma cosa può essere effettivamente trasmesso ad un neolaureato in poco più di due settimane lavorative?

Ci sono aziende che ospitano stagisti senza affiancarli ad una persona di esperienza, che possa fungere da punto di riferimento e possa trasferire conoscenze ed esperienze.

L’ultima patologica tendenza in fatto di attivazione di tirocini è quella che vede da parte dell’azienda ospitante richiedere il versamento di una somma in denaro all’agenzia formativa che organizza lo stage per ospitare appunto uno stagista. Come se una persona dovesse pagare un’azienda per essere assunta.

Per il mondo del lavoro ne deriva un uso completamente sbagliato del prezioso strumento dello stage.

Al di là di una regolamentazione dei tirocini da parte degli organi legislativi, sarebbe opportuno riportare la tematica al buon senso da entrambe le parti: approfondire le proprie competenze anche e soprattutto dopo la laurea, da un lato, e attivare tirocini che possano portare valore alla propria azienda attingendo dalle conoscenze aggiornate dei laureati e valorizzando il capitale umano, dall’altro, potrebbero essere le chiavi per far aumentare le assunzioni al termine degli stage.

di Ilaria Saccardi
Stage & Placement Senior Specialist